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Bruno Lisi: l’evoluzione della pittura astratta nel contesto romano degli ultimi decenni – Silvia Palermo

2.5.3. Metacrilati

Nel 1991 B. Lisi presentò i blocchi di metacrilato. Sebbene avesse iniziato ad utilizzare questo materiale e a sperimentarne le sue caratteristiche già dal 1989, fu impegnato in quel periodo con le Stele, e rimandò l’esperienza al termine di questa ricerca.

Il perspex era un materiale che lo interessò molto1 già in anni precedenti, date le sue caratteristiche anzitutto di resistenza, molto più del vetro, e soprattutto per il fatto di non ingiallire. La sua trasparenza rimane infatti intaccata, nonostante il passare del tempo.

Ancora una volta il tema del vuoto viene qui trattato da B. lisi attraverso una nuova ricerca artistica, rispetto infatti all’uso della pittura qui si predilige un altro materiale, ma la pittura, ancora una volta, non scompare, è sempre stata qualcosa che prescindeva da lui, non poteva essere abbandonata, quindi trovò il modo, anche in questa occasione, di inserirla nei blocchi maestosi di perspex (Figg.83-87 pagg.92-93).

Anzitutto possiamo dire che per i metacrilati non c’è tanto elaborazione tecnica quanto ricerca più profonda sul piano espressivo e visivo, nei blocchi, a volte singoli altri composti, B. Lisi fece apparire forme pittoriche, il materiale conferiva però al concetto di vuoto una peculiarità, ovvero la trasparenza fa “fluttuare” queste forme in una dimensione di sublimazione perenne, le incatena alla superficie, appaiono quasi come dice P. Ferri «per gestazione spontanea»2.

Considerando la serie precedente delle Stele si può dire che questo tipo di opere non differiscano molto dalle prime: la distinzione fra le due tipologie deriva semplicemente dalle tecniche utilizzate, ma il concetto di base è il medesimo, ovvero una cristallizzazione eterna del colore che, nel primo caso era reso con la tecnica pittorica bidimensionale, nel secondo caso con un supporto tridimensionale. Quest’ultimo, non a caso, conferisce maggiormente una sensazione di immobilità, sospensione, quasi imprigionamento del colore, che risulta certamente ed evidentemente vincolato ad una materia estranea, ma allo stesso tempo ne esce fuori “vincitore” perché esaltato dallo stesso ostacolo che lo racchiude, una “fusione” tra materiale plastico e colore in tutt’uno omogeneo.

Anche E. Mascelloni scrisse: «Osservando i lavori sulla carta intelata che li precedono di poco, quelli presentati alla Galleria A.A.M. nell’89 […] si potrà facilmente osservare che un colore in dinamica saturazione occupava una porzione assai limitata di un campo pittorico stretto e alto. Era già ben precisata, quindi, la polarità tra la sostanza cromatica nervosa e un vasto spazio dominato dall’assenza di ogni altro segno pittorico»3.

Ancora una volta Lisi sembra quasi voler presentare il vuoto e ci riesce, forse anche meglio che con la tela. I blocchi di metacrilato, per la loro trasparenza, lasciano intravedere lo spazio circostante, rendendo tutta l’opera più reale e tangibile, ma è solo apparenza, perché l’opera in sé è generata dal senso astratto dell’artista, con forme allungate che non implicano tutta la lastra, solo una porzione centrale di essa, una serie di colori fusi insieme che non hanno nessun significato reale, ad eccezione, appunto, del supporto.

E. Mascelloni li chiama “oggetti smaterializzati” e anche minimali che «trasformano il vuoto in oggetto, in forma pesante, strutturalmente incombente come può solo essere un blocco quadrangolare di materia trasparente4 e ancora li definì come «una gabbia concreta dove il colore costituisce sé stesso come negazione del vuoto e parto indimostrabile di quella luce che lo assale e vi dilaga»5. La luce, infatti, colpisce le lastre e vi passa attraverso rendendo il colore più luminoso, quindi più esaltato in tutta la sua manifestazione.

2.5.3.1. cristalli d’acqua6

Un altro progetto che vide protagonisti i metacrilati è quello dei Cristalli d’acqua. In questi blocchi più piccoli di metacrilato B. Lisi “inglobò” non più pittura, ma fili di ferro, anch’essi sublimati nell’”acqua” trasparente e sospesi nel loro giacere eterno, ma allo stesso tempo illuminati dalla luce che invade il corpo completamente trasparente del metacrilato. I fili quasi sembrano muti nella loro immobilità, invece comunicano grande senso di analisi e vibrazione interiore attraverso un’espressione di totale concettualismo (Figg.88-90 pagg.93-94).

Per l’ennesima volta la pittura sembra essere esclusa dalla poetica di B. Lisi ma è necessario chiarire che questi inglobati, creati dopo la serie dei Segni e dei Gesti, proseguirono la tematica espressa proprio da queste serie e da quella dei metacrilati datati primi anni ’90: un’arte che intende la pittura, questi fili infatti non fanno altro che riprendere il senso pittorico del segno e del gesto, disse P. Ferri al riguardo che questo è «un processo affidato a un segno come intensità sotterranea, fatto di vibrazioni, oscillazioni a cui l’artista affida esemplarmente il passaggio fondamentale di andare oltre il visibile e l’apparenza delle cose, superando la tendenza istintiva a riconoscere, per cercare invece di conoscere»7.

Figg.83-86. B. Lisi, Metacrilati, 1991-1993;

Fig.87. Allestimento dei Metacrilati in occasione della mostra di B. Lisi a Palazzo Brancaccio, Roma 2001;

Figg.88-90. B. Lisi, Cristalli d’Acqua, blocchi di metacrilato con fili di ferro inglobati, 2004;

2.5.4. Il Progetto per la Fondazione Ferruzzi

Nel 1991 B. Lisi partecipò al progetto della Fondazione Ferruzzi assieme ad altri artisti di grande fama, tra questi: A. Boetti, A. Burri, M. Ceroli, S. di Stasio, C. Lorenzetti, A. Perilli, A. Pomodoro, S. Tramonti, G. Uncini e molti altri.

Il progetto fu curato da Francesco Moschini e dall’A.A.M, e fu una forma di ricerca atta a definire lo studio e la promozione culturale del moderno. Principalmente il progetto si concentrò sulla “ricomposizione” del rapporto multidisciplinare esistente fra le varie forme d’arte, spesso antitetiche ma in grado di dialogare, o contrastare, tra di loro ma comunque «espressive della crisi del sistema culturale stesso»8.

La Fondazione Ferruzzi si propose di realizzare varie iniziative e progetti culturali secondo precise strategie di lavoro, affidandosi a personalità di spicco nel mondo dell’arte contemporanea che fossero in grado, con le loro opere, di dialogare attivamente con le strutture pubbliche della città di Ravenna, facendo attenzione alle necessità ambientali e monumentali9. Scrisse C. Sama a proposito: «Nella logica di una sempre più profonda integrazione tra produzione, cultura e società, gran parte degli interventi realizzati sono rivolti anche a all’utenza pubblica, sia nella forma della pura fruizione dell’opera che in quella del servizio»10 (Figg.91-92 pag.97).

Tra i luoghi d’esposizione, ma più correttamente dovremmo dire di “riprogettazione” si ricordano: il palazzo delle Arti e dello Sport Mauro de Andrè, rappresentativo per il territorio e la nuova sede della Ferruzzi Finanziaria di Ravenna; ma non solo Ravenna, anche Roma fu luogo di progettazione con la sede del Messaggero presso viale Castrense11.

Il progetto fu importante per la diffusione e promozione di una cultura “alta” in grado di «affrontare e verificare problematiche artistiche abitualmente oggetto di discorso che spesso non trovano un momento operativo nella ricerca»12.

2.5.4.1. Finestre sull’universo13

Nella parete di fronte alla sala riunioni del terzo piano della nuova sede della Ferruzzi Finanziaria di Ravenna, vennero allestiti tre quadri della serie “Blu”di B. Lisi che si intravedono dalla vetrata d’ingresso alla sala riunioni (Fig.93 pag.97).

Queste tre tele, chiamate Finestre sull’universo, sembrano introdurre ad un mondo fittizio e fare da «controcanto alla finestra che si intravvede al di là della parete divisoria in vetro che si affaccia sulla natura e sul mondo reale»14, creando così un dialogo concreto fra realtà e irrealtà.

Una tendenza neosimbolista quella di B. Lisi assieme ai quadri di E. Montessori ed E. d’Elia che, collocati sempre nella sala riunioni riescono a creare delle “uscite” o “entrate secondarie”15. Nei Blu, come già abbiamo avuto modo di vedere, si intravedono delle particelle di variazione coloristica, azzurre e viola, un lavoro di grande sottigliezza e misura16.

Figg.91-92. Progetto per la Fondazione Ferruzzi, curato da F. Moschini e dall’A.A.M., 1991;

Fig.93. B. Lisi, Finestre sull’Universo, Sala Riunioni della Ferruzzi Finanziaria, Ravenna 1991;

  1. 1 Cfr. intervista a D. Pennacchia di Nunno, pag. 133;
  2. 2 Cfr. intervista a P. Ferri, pag. 137;
  3. 3 Cfr. E. Mascelloni, depliant della mostra di B. Lisi alla Galleria “Eralov”, “Spazialità della passione”, Roma 1991;
  4. 4 Cfr. Ibidem;
  5. 5 Cfr. E. Mascelloni, Spazialità della passione, in F. Moschini (a cura di) Bruno Lisi, Opere dal 1989 al 2001, pag. 31, Roma 2001;
  6. 6 Cfr. P. Ferri, depliant della mostra di B. Lisi al Museo della via Ostiense, “Cristalli d’Acqua”, Roma 2004;
  7. 7 Cfr. Ibidem;
  8. 8 Cfr. F. Moschini, depliant del progetto A.A.M. Architettura Arte Moderna, Percorsi nel moderno e nel contemporaneo, Una costruzione «critica» delle scelte culturali e operative, Ferruzzi per l’arte, Ravenna 1991;
  9. 9 Cfr. C. Sama, depliant del progetto A.A.M. Architettura Arte Moderna, Percorsi nel moderno e nel contemporaneo, Per una politica culturale, Ferruzzi per l’arte, Ravenna 1991;
  10. 10 Cfr. Ibidem;
  11. 11 Cfr. Ibidem;
  12. 12 Cfr. C. Sama, depliant del progetto A.A.M. Architettura Arte Moderna, Percorsi nel moderno e nel contemporaneo, Per una politica culturale, Ferruzzi per l’arte, Ravenna 1991;
  13. 13 Vedi infra 2.5.6;
  14. 14 Cfr. F. Moschini, depliant del progetto A.A.M. Architettura Arte Moderna, Percorsi nel moderno e nel contemporaneo, Bruno Lisi, Ferruzzi per l’arte, Ravenna 1991;
  15. 15 Cfr. B. Mantura, depliant del progetto A.A.M. Architettura Arte Moderna, Percorsi nel moderno e nel contemporaneo, Percorsi incrociati di una nuova committenza, Ferruzzi per l’arte, Ravenna 1991;
  16. 16 Cfr. Ibidem.