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Bruno Lisi: l’evoluzione della pittura astratta nel contesto romano degli ultimi decenni – Silvia Palermo

Estratto dalla tesi di laurea magistrale:
“Bruno Lisi: l’evoluzione della pittura astratta nel contesto romano degli ultimi decenni”
Relatore: Prof.ssa Rossana Buono, Università di Tor Vergata.

Capitolo Secondo – L’attività artistica di Bruno Lisi: dalla figurazione all’astrazione pura

2.1. Dagli esordi alla Maturità

Il percorso artistico di B. Lisi ebbe inizio nel 1960, due anni dopo il diploma all’Istituto d’Arte di Roma “Silvio D’Amico”. Gli anni di apprendimento presso l’Istituto sono ripercorsi nell’intervista a F. Ciuti, che fu amico e collega di B. Lisi sin da quegli anni. F. Ciuti spiega che nell’Istituto gli allievi seguivano tutte le sezioni artistiche 1 e che, nel corso degli anni, ognuno sceglieva quella più consona alle proprie capacità. F. Ciuti, in particolare, ricorda le esercitazioni pratiche degli allievi e le prove di diploma improntate sulla copia dei grandi maestri moderni e sull’elaborazione tecnica di spazi e decorazioni dal vero2 3 4.

B. Lisi scelse la sezione di decorazione pittorica, il cui titolare di cattedra era A. Ziveri e, se si osservano i primi lavori di Lisi, datati fine anni ’50 inizi anni ’60, si ha modo di riscontrare un confronto delle opere figurative dei due artisti, anche se, ad una prima impressione, il confronto tra Ziveri e Lisi si attesterebbe sulla semplice formula figurativo/astratto.

E’ ovviamente necessario considerare le differenze sul piano tematico, tecnico e culturale che riguardano i due artisti, ma si può ipotizzare una matrice artistica comune: B. Lisi partì infatti da una ricerca figurativa attinente al reale, una tematica che effettivamente il maestro A. Ziveri non abbandonò mai, ma decise successivamente di uniformarsi a qualcosa di più congeniale al panorama artistico contemporaneo, ovviamente, secondo metodi e tematiche personali.

2.2. Bruno Lisi e Alberto Ziveri: il realismo e l’astrattismo

Alberto Ziveri, romano, classe 1908, fu uno degli esponenti della “Scuola Romana”. Tra il 1921 e il 1929 frequentò il Liceo Artistico e la scuola serale di arti ornamentali di via San Giacomo, dove ebbe occasione di conoscere Scipione e M. Mafai, con i quali strinse una grande amicizia.

Per capire meglio quale fu la sua indole artistica, sono riportate di seguito le parole che A. Ziveri disse in occasione di una mostra in cui espose anche il suo amico Fazzini: «Certe forme si inventano quando nascono da qualche fatto che in fondo ci è sconosciuto. E’ allora che nella fantasia affiora un interesse che si accompagna subito a una meraviglia di voler vedere, di voler scoprire. L’arte è bella perché è misteriosa; è come la madre incinta che sogna di partorire ma non potrà sapere quale sarà la vera fisionomia del figlio fino a quando non lo partorirà. Per la pittura, il problema è approfondire la realtà e approfondire la coscienza della realtà significa accorgersi sempre di più di quanto noi, nonostante tutto, restiamo alla superficie. Perché le pietre veramente preziose stanno in fondo alla roccia, e noi cerchiamo quelle»5.

Attingere dal reale e da qualcosa che esiste, rimanere tematicamente ancorati a ciò che effettivamente c’è, per questo A. Ziveri fu un artista prettamente figurativo, lui stesso affermò che nella pittura dei “Valori Plastici” del suo primo periodo si denotava una ricerca risalente addirittura a Piero della Francesca.

Osservando i numerosi ritratti realizzati dall’artista, ci si rende conto che le persone intorno a lui sono rappresentate nel loro essere reale, non come figure impersonali e anonime. Si prenda in considerazione l’autoritratto del 1927, in cui l’artista si ritrae in primo piano con un manichino, secondo un’essenza metafisica affermata dallo stesso artista: i fratelli, l’artista e l’ambientazione sono reali e Ziveri rappresenta tutto fedelmente (Fig.1 pag. 46)6.

Seppure alla fine degli anni ’50 B. Lisi realizzasse quadri come i Pesci del 1957 o la Costruzione del 1958 (Figg.22-23 pag.47), il suo interesse per la figurazione in quanto tale va scemando di anno in anno, inoltre, le sue figure intere, non furono mai ben definite come quelle di A. Ziveri, e questo perché per B. Lisi non era la figura l’interesse principale. L’abbandono successivo della figurazione denota un principio di interesse a ciò che c’è oltre la figura, cioè il colore, attraverso il quale sperimentare qualcosa di più interessante: la profondità dell’essere interiore.

Un confronto tra le opere dei due artisti riguarda soprattutto le figure femminili che sono una produzione abbastanza ingente, ad esempio si prendano in considerazione i disegni di Ziveri, datati anni ’50, e le prime opere di B. Lisi datate immediatamente dopo, nei primi anni ’60: si osservi infatti l’incisione n.394 del 1950 di Ziveri, che ritrae una modella posta frontalmente e in piedi, e il Nudo Verde di B. Lisi datato 1964, una modella sempre in piedi posta frontalmente. Nel primo si nota anzitutto la resa dei dettagli: nonostante fosse un semplice studio la figura è maestralmente resa con tutte le definizioni del caso, l’attenzione al reale fisico e alle imperfezioni, per non parlare dell’ambientazione, accennata ma pur sempre esistente. La donna si trova infatti su di una specie di palchetto e viene ritratta da un uomo che vediamo alle sue spalle. Il Nudo Verde di Lisi, invece, è indefinito, si riesce ancora a comprendere che quella in primo piano sia effettivamente una figura femminile dall’accenno del ventre, dei seni e della posa, ma è una donna che sta svanendo, non ha altri attributi. Essa si immerge nello sfondo coloristico caratterizzato da una squadratura tridimensionale di cui non sappiamo nulla, come accade in Varietà n.1 del 1964 (Figg.24-26 pag.48) 7 8 9.

Alcuni quadri di B. Lisi accolgono “presenze metafisiche” che diremmo “alla De Chirico” con manichini, simili a quello dell’autoritratto di Ziveri, decisamente non definiti fisioniomicamente e nei contorni, e in un’atmosfera a metà fra il reale e l’irreale, quasi sognante. Questi stessi “manichini” vennero presentati alla mostra del 1964 presso la Galleria Anthea a Roma10, permeati però di un gusto contemporaneo, si potrebbe pensare già ad echi informali ed esistenziali, invece totalmente distaccati da questi. Si tratta semplicemente di un’elaborazione del reale tutta particolare, gli echi esistenziali arriveranno più tardi, proprio con il colore puro.

Si prendano ancora in esame le figure femminili: il disegno del nudo sdraiato di Ziveri datato 1953 preparatorio per la Zuleiga e la Figura nella Spiaggia di Lisi del 1964. E’ evidente come la figura sdraiata di Lisi si possa a malapena identificare, ancora una volta è la delineazione fisica appena accennata che ci riporta alla definizione reale della rappresentazione, ma a parte questo si può ben dire che la fusione con il colore stia prendendo piede, o meglio, che il colore stia prendendo il sopravvento. Caso contrario in Ziveri, Zuleiga è sdraiata su di un letto, il fatto che la figura di Lisi sia sdraiata sulla spiaggia lo sappiamo solo dal titolo (Figg.27-28 pag.49) 1112.

Tutto questo fa ben comprendere anche il rovesciamento storico dell’arte di cui si è parlato nella prima parte, ma non solo, nella fattispecie si identifica la concezione personale di un’artista che, nonostante la giovane età, si connotava già come un uomo maturo in grado di oscurare i grandi artisti affermati13. E’ interessante la presentazione che il critico M. Venturoli fece di B. Lisi proprio in occasione della mostra che, nel 1964, si svolse alla Galleria Anthea e durante la quale furono presentati proprio i disegni di cui sopra: Venturoli affermò che stavano cominciando a denotarsi le prime ricerche espressive dell’artista, ovvero il risalto della figurazione, mai scissa dalla sperimentazione pittorica14 15. B. Lisi, infatti, prediligerà la pittura, per poi distaccarsi in parte da tale tecnica per utilizzarne delle altre, soprattutto dagli anni ’80.

Inoltre, prendendo anche in considerazione i lavori e le ricerche degli artisti romani contemporanei, M. Venturoli scrisse che: «A Roma si son viste mostre interessanti di figuratori che sono pervenuti al recupero della oggettività attraverso gli schemi della pittura astratta; anzi il gruppo della Galleria “La Tartaruga” ha avvertito che le imprimiture impersonali della pop art, le sagome dei fumetti e degli ingrandimenti fotografici, possono aver diritto di esistere nelle superfici delle tele se tradotti in pittura […] Insomma questi artisti sono umanisti nel momento della resa pittorica»16.

Si può evidenziare che spesso in A. Ziveri si notarono echi impressionisti, soprattutto in quelle opere degli anni ’20 e ’30, che presentò alla Prima Quadriennale di Roma del 1931, grandi paesaggi di “una Roma calda e appassionata”17 dai colori delicati ma decisi, ambientazioni permeate da una tranquillità emotiva, totalmente idilliaci e caratterizzate da un tonalismo che, in quell’occasione, una critica dall’amico Scipione lo portò sulla strada delle ricerche, che possono definirsi “riscoperte moderniste elaborate secondo canoni tecnico-formali prettamente contemporanei”.

Si confrontino a tal proposito i paesaggi di Ziveri che ritraggono Roma, antica e contemporanea, pubblica e comune, con un quadro di paesaggio di Lisi. Il Paesaggio sulla via Flaminia di Ziveri del 1936 rappresenta colline dai colori caldi e pacati, con un tonalismo abbandonato e una realtà molto marcata. Ancora, i tetti della vecchia Roma del 1944, con la cupola di S. Pietro che si staglia sul paesaggio con rese luministiche scaturite da ricerche recenti, per voler dare forse nuova luce ad una città martoriata dalla guerra. Infine la resa scenografica di Piazza Vittorio, quadro datato 1961: una scena di vita notturna, con figure piene di spirito sotto i vasti portici ottocenteschi.

Si noti poi il paesaggio di Lisi, quadro datato al 1962 presentato alla mostra all’Anthea: si riconosce un sole, una forma di luce che dal centro del quadro prosegue verso sinistra e scompare nel colore, un cielo irreale dal quale il sole si staglia luminoso e nella sua perfezione geometrica, un paesaggio interiore più che esistente. Ancora una volta il colore la fa da padrone (Figg.29-32 pagg. 50-51) 18 19 20 21

Si evidenzia in Ziveri anche la capacità di cogliere gesti, espressioni e atteggiamenti, caratteristica tipica della resa figurativa, con sentimenti spesso oscuri come il tormento, la violenza e la solitudine. A supporto di questo infatti, Ziveri stesso affermò: «[…] chi guarda un quadro, deve essere costretto a rivivere tutte le sofferenze e anche tutte le gioie di chi quel quadro lo ha dipinto non per rappresentare, ma per vivere una certa realtà con la pittura»22. Nei disegni le linee si evidenziano spesso come tormentate e scure, e le luci improvvise che inquadrano una materia ricca e definita. La luce poi diviene oggetto di ulteriore sperimentazione verso i “neri” della china o del carboncino quasi a creare il “negativo” di una fotografia. In B. Lisi le linee non sono sempre chiuse e, nella perenne dialettica tra il “vuoto e pieno”, ogni punto della figura e del supporto lottano strenuamente per superare il primo, attraverso una comunicazione di sentimenti interiori, inconsci, pacati e ragionati, mai drammatici come in Ziveri.

A. Ziveri fece del realismo una fonte primaria di espressione, quasi una “morale” da dover seguire sempre e comunque e, a proposito di questo Argan scrisse: «Ziveri è stato un realista, cioè ha cercato di dare un senso concreto a questo che è il termine più abusato, frequente e frainteso della storia dell’arte […] Dei pochissimi realisti romani Ziveri fu senza dubbio il più taciturno e ostinato, ma anche il più vicino alla narrativa […] Non ne sapeva più di noi, del resto; ma alla realtà che cercava tanto più si sentiva vicino quanto più l’ovvio gli pareva inverosimile e l’inverosimile ovvio»23.

Un altro elemento fondamentale della pittura figurativa dell’artista è la capacità narrativa, intesa come nodo importante per capire la sua attività: dal viaggio del 1937 in cui ritrovò ispirazione in Veermer, Rembrandt, Delacroix, El Greco e molti altri, alcuni affermarono che questo metodo fosse un rotaggio recuperato in ritardo della pittura di fine ‘800, per altri invece fu una qualità espressiva di grande umanità ed esistenzialismo che accompagnò le produzioni successive24.

Al contrario di A. Ziveri, in B. Lisi non riscontriamo intenti narrativi, il quadro è creato affinché ci sia focalizzazione totale sulla pittura e sulla forte componente interiore, tutto ciò dato anche dalla mancanza definitiva di figurazione come dimostrano due quadri più tardi di Lisi: Materia e Forma e Nascita di Corpi, entrambi del 196925.

I corpi non ci sono più, le linee indicate dal colore fanno intendere che qualcosa ci possa essere, ma è condannato a sparire per sempre, lasciando dapprima spazio alla focalizzazione su dettagli dei corpi, come piedi, occhi, bocche, mani, poi alla condizione esistenziale. Quest’ultima è espressa sempre secondo un senso di “pace interiore”26, scaturita da una consapevolezza di dover continuamente cercare il senso delle cose e della propria vita, lasciandosi alle spalle i tormenti interiori che erano stati tipici degli artisti informali e anche del maestro Ziveri.

Per concludere si può dire che il Realismo “morale” di Ziveri fu accettato da Lisi, ma combattuto, per arrivare a forme d’arte diverse e in linea con la contemporaneità. E’ possibile definire quella di Lisi un’arte astratta ma razionale, nonostante l’incongruenza?

Fig.21. A. Ziveri, Autoritratto con manichino, 1927, olio su tela, 81,5×83,5 cm, firmato e datato in alto a destra; A. Ziveri 1927 collezione privata, Roma; In questo quadro Ziveri si ritrae con un manichino in braccio sul pianerottolo della sua abitazione in via Conte Verde, in lontananza uno dei fratelli. Dice l’artista: “E’ un quadro un po’ metafisico”.

Fig.22 B. Lisi, Pesci, 1957;

Fig.23 B. Lisi, Costruzione, 1958;

Fig.24. A. Ziveri, Incisione n.394, modella, acquaforte, acquatinta, mm.80×190, tiratura 50, 1950;

Fig.25. B. Lisi, Nudo Verde, 1964;

Fig.26. B. Lisi, Varietà, 1964;

Fig.27. A. Ziveri, nudo sdraiato, disegno preparatorio per Zuleiga, olio cm 95×58, 1953;

Fig.28. B. Lisi, Figura sulla spiaggia, 1964.

Fig. 29 A. Ziveri, P.zza Vittorio, olio su tela 70×50, 1960, esposto alla “Nuova Pesa”, è tra i “notturni romani”; fila di luci, l’edicola, le figure piene di spirito, i vasti portici ottocenteschi, reso tutto in modo scenografico.

Fig.30 A. Ziveri, Vecchia Roma, olio su tela, 25×44 cm, 1944, firmato e datato in basso a destra, collezione dell’artista Roma; Siamo nel dopoguerra, studi accurati sulla composizione del quadro e soprattutto della luce.

Fig.31 A. Ziveri, Paesaggio sulla via Flaminia, olio su tela, 34,5×50,5 cm, 1936, firmato e datato in basso a destra, collezione privata Roma; serie di paesaggi con tinte delicate subentra una materia più densa e fluida, siamo dopo la Quadriennale quando c’è più ricerca, Ziveri si distacca dal tonalismo.

Fig.32 B. Lisi, Favola con la luna, 1962.

Cfr. intervista a P. Ferri, pagg. 135-136, 138-139.

  1. 1 Vedi supra par. 2.5.1;
  2. 2 Cfr. P. Ferri, depliant della mostra collettiva all’Ambasciata Italiana di Jakarta, “deep Blue”, Jakarta 2002;
  3. 3 Cfr. intervista a D. Pennacchia di Nunno, pag. 134;
  4. 4 Cfr. intervista a I. Ranzato, pagg. 143-144;
  5. 5 Cfr. P. Ferri, depliant della mostra a Palazzo Chigi, “Corpi Estranei”, Viterbo 2009;
  6. 6 Cfr. Cfr. P. Ferri, depliant della mostra a Palazzo Chigi, “Corpi Estranei”, Viterbo 2009;
  7. 7 Cfr. intervista a P. Ferri, pagg. 140-141;
  8. 8 Cfr. P. Ferri, Ciao Bruno Lisi: l’arte sulla propria pelle, articolo, www.artapartofculture.net;
  9. 9 Cfr. M. Martini, depliant della mostra di B. Lisi alla Galleria “Il luogo”, Roma 1986;
  10. 10 Vedi supra 1.1;
  11. 11 Cfr. intervista a F. Ciuti, pagg. 125, 127;
  12. 12 Cfr. M. Volpi, depliant della mostra di B. Lisi alla Temple University, Roma 1984;
  13. 13 Vedi supra 1.1;
  14. 14 Cfr. M. Venturoli, depliant della mostra di B. Lisi alla Galleria “88”, Roma 1969;
  15. 15 Cfr. C. Vivaldi, depliant della mostra di B. Lisi alla Galleria “Parametro”,“Lisi: l’ambiguità della luce”, Roma 1976;
  16. 16 Cfr. F. Moschini, depliant del progetto A.A.M. Architettura Arte Moderna, Percorsi nel moderno e nel contemporaneo, Bruno Lisi, Ferruzzi per l’arte, Ravenna 1991;
  17. 17 Cfr. C. Vivaldi, depliant della mostra di B. Lisi alla Galleria “Parametro”,“Lisi: l’ambiguità della luce”, Roma 1976;
  18. 18 Cfr. Ibidem;
  19. 19 Cfr. M. Martini, depliant della mostra di B. Lisi alla Galleria “Il luogo”, Roma 1986;
  20. 20 Ibidem;
  21. 21 Cfr. intervista a P. Ferri, pagg. 135-136, 138-139.
  22. 22 Cfr. V. Rivosecchi, Alberto Ziveri, «Elogio dell’Ombra», Roma 1991, pagg. 14-15;
  23. 23 Cfr. testimonianza di G. C. Argan del 27 novembre 1990, in V. Rivosecchi, Alberto Ziveri, «Elogio dell’Ombra», Roma 1991, pag. 7;
  24. 24 Cfr. Ibidem;
  25. 25 Vedi infra 2.4.1;
  26. 26 Cfr. M. Volpi, depliant della mostra di B. Lisi alla Temple University, Roma 1984.