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Reversibilità – Claudia Terenzi

Nella ricerca di questi tre artisti, Franco Berdini, Bruno Lisi e Luciano Cattania, pur nella diversità della proposta e nel diverso impatto percettivo determinato dalle loro opere, esiste tuttavia un deno­minatore comune, quello cioè che essi stessi identificano in una sorta di “rever­sibilità” delle immagini. Una “reversibili­tà” non dovuta al caso, ma ottenuta per mezzo di una precisa e normativa proget­tazione. Che cosa si intende per reversi­bilità? Evidentemente una doppia lettura dell’opera che permette di accrescere e di prolungare il momento della percezio­ne, incanalandolo in due direzioni alter­native, senza che l’una escluda l’altra. Anzi, in questa ripartizione direzionale, che è al tempo stesso, e logicamente, ripartizione degli assi ottici, vengono a determinarsi insospettate correlazioni di immagini.

Franco Berdini giunge a stabilire queste correlazioni attraverso la conside­razione e la conseguente evidenziazione della fisicità oggettuale del supporto, che non è più semplice superficie, ma una serie di superfici sulle quali la linea si prolunga per sovrapposizioni e sdoppia­menti. Così che il supporto, e nel caso specifico la lastra di perspex, viene a costituire uno spazio non più delimitato nelle due dimensioni di larghezza e lun­ghezza, ma come rovesciato, per il per­corso appunto della linea che continua nel retro, a suggerire l’idea di profondità.

Per Bruno Lisi invece la reversibilità si risolve in un rapporto paritetico tra imma­gine e supporto. Attraverso la tensione luminosa della superficie e con la delimi­tazione di uno spazio curvo, egli definisce dimensionalmente due campi, e quindi due possibilità di immagini, spingendo al limite le qualità percettive e illusionistiche del tessuto, insistendo però, al tempo stesso, sulla qualità fisica, non virtuale ma reale nella percezione, della costitu­zione formale. Con un risultato comunque rigoroso e, in un certo qual modo, con­cettuale.

Luciano Cattania proviene da espe­rienze diverse, condotte sui materiali, e queste esperienze degli anni passati agi­scono ancora sul procedimento di realiz­zazione della reversibilità, in quanto essa viene a configurarsi in un continuo scam­bio tra l’immagine e il suo doppio, nella tessitura geometrica cioè che, ricavata dalla colatura di colla sui supporti, è correlata alla sua stessa ombra. La geo­metria, di conseguenza, non chiude la forma, nè la limita secondo princìpi ste­reometrici, ma è l’ipotesi di partenza per verificare, successivamente, le infinite possibilità di variazione degli organismi compositivi.

Tutti e tre gli artisti, comunque, oltre al denominatore comune della reversibilità di cui dicevamo, hanno preciso il senso della necessità di sperimentazione conti­nua dei procedimenti. Sperimentazione che non è fine a se stessa ma in rapporto ad una precisa volontà di sollecitazione psicologica. il discorso, in tutti e tre i casi, è certamente mentale e, come già accen­navamo per Lisi, in qualche modo con­cettuale. Va detto però che l’originalità e il significato delle tre diverse ricerche si rivelano proprio nella “correlazione” che viene ad esistere non solo tra le forme ma, prima di tutto, tra stadi psicologici e conseguenti momenti percettivi.

(testo scritto in occasione della mostra “Reversibilità”, galleria Documento Arte, Roma, 15 marzo-15 aprile 1978)